Tradurre la Bibbia in piemontese: intervista a Paolo Castellina


Tradurre la Bibbia in piemontese: intervista a Paolo Castellina

di Pietro Cociancich

La Bibbia, che si sia credenti o no, è uno dei libri più affascinanti della storia della letteratura, e uno dei testi fondamentali della cultura occidentale. Le sue storie, i suoi personaggi, il suo stile letterario hanno ispirato l’arte e la letteratura europea per secoli.

Da qualche anno Paolo Castellina (pastore protestante residente da qualche tempo nel Kent, Regno Unito) ha cominciato un’impresa che lui stesso definisce folle: la traduzione della Bibbia in piemontese. Non stiamo parlando di riduzioni, di riadattamenti in versi, di riassunti: parliamo della traduzione integrale del Libro dei Libri.

Per questo motivo, abbiamo deciso di rivolgergli qualche domanda.

1) Quando e perché hai deciso di tradurre la Bibbia in piemontese?

Aspetto religioso

Si tratta di un desiderio che è sorto in me molti anni fa fondamentalmente sulla base di due mie persuasioni.

In primo luogo perché come cristiano (e io stesso ministro consacrato della Parola di Dio) condivido la vocazione e comune responsabilità di far conoscere a tutti i popoli quel che Dio ha rivelato di sé e dei suoi propositi in modo esclusivo per mezzo della Bibbia, che confessiamo essere Sua parola.

La prima parte, che chiamiamo Antico Testamento, è stata scritto originariamente in ebraico (la lingua madre dell’antico popolo di Dio); la seconda parte, il Nuovo Testamento, è stato scritto in greco (che a quel tempo era la lingua più generalmente conosciuta fra le nazioni).

Dato però che le lingue originali non sono conosciute dai più e che tutti hanno il diritto e l’interesse di accedere direttamente alle Scritture, a leggerle e ad investiga­rle, è essenziale che esse siano tradotte nella lingua “volgare” di ogni nazione.

Che la parola di Dio sia espressa e compresa nella lingua materna di ciascuno è molto importante. La lingua dei nostri genitori è infatti quella che meglio si presta per raggiungere non solo la nostra mente ma anche il nostro cuore.

Dio, che è essenzialmente genitore, ci parla così con la lingua dei nostri affetti più cari e profondi, proprio per stabilire, così come desidera, un rapporto personale con ciascuno di noi.
Aspetto linguistico

In secondo luogo perché la mia lingua materna, quella della mia gente, è il Piemontese.

Benché siano stati fatti in passato alcuni tentativi di tradurre parti della Bibbia in Piemontese (notevoli sono le iniziative che aveva fatto, a questo riguardo, la Chiesa valdese), il popolo piemontese rimane a tutt’oggi privo di una traduzione della Parola di Dio nella sua lingua ancestrale, un bene di cui oggi godono tantissime nazioni e persino sperdute tribù dell’Amazzonia (tanto per fare un esempio).

Sfruttato e calpestato via via da poteri politici e religiosi con ambizioni omologatrici, il popolo piemontese è stato (e lo è grandemente tutt’ora) privato della sua identità linguistica e culturale.

Com’è avvenuto ed avviene per molti popoli, la traduzione della Bibbia può contribuire grandemente a valorizzare ed a promuovere le stesse varie identità linguistiche e culturali dei popoli del mondo. In funzione della traduzione della Bibbia, infatti, molte lingue hanno visto elaborare per la prima volta grammatiche e dizionari, fissarne la grafia e diffonderne la conoscenza e l’uso anche in altri campi.

Da questo l’inestimabile valore culturale della Bibbia nelle lingue volgari, opera che continua ad allargarsi a tutt’oggi. Così può e deve essere anche per il Piemontese.

2) Quali criteri hai seguito per la traduzione?

L’Antico Testamento


Innanzitutto ho condotto una ricerca su quanto finora era stato fatto quanto a traduzioni bibliche in Piemontese.

I contributi più importanti per l’Antico Testamento sono le traduzioni iniziate negli anni 1980 da Mario Gallina e Giovanna Gribaudi e pubblicato gradualmente sulla rivista La Slòira. Ora collaborano con me prima di tutto per digitalizzare quanto avevano fatto e continuano le traduzioni per i libri biblici e capitoli mancanti dell’AT.

Uno dei pregi della loro opera è che hanno seguito diligentemente la grafia e la grammatica dei Brandé come pure il Piemontese standard, la “koiné piemontese”, evitando, quindi, forme locali di Piemontese.

Questo è pure il criterio che io assumo per tutta l’opera che ne uscirà: standardizzare il Piemontese e renderlo il più possibile accessibile e con l’ambizione di rendere l’opera esemplare per altre.

Sulle traduzioni Gallina-Gribaudi opero però una revisione dal punto di vista stilistico, perché quella è una versione tradizionale letterale che comporta, a mio avviso, considerevoli problemi dal punto di vista comunicativo.

Intendo infatti realizzare una versione biblica che segua il metodo delle equivalenze dinamiche, che punti cioè alla massima comprensibilità, traducendo per ogni versetto “concetto per concetto”, non “parola per parola”.

Un esempio tipico: versioni letterali conserverebbero espressioni come “Adamo conobbe Eva” oppure “scoprire la sua nudità” mentre il significato è “ebbe rapporti sessuali con”, e come tale, per chiarezza, va tradotto, salvo porre una nota a pié di pagina che indichi la traduzione tradizionale.

Le mie, in ogni caso, non sono da definirsi “parafrasi”, ma solo linguaggio corrente, il più possibile privo di gergalismi religiosi. Inoltre, ogni mia revisione è fatta confrontando accuratamente l’originale ebraico coerentemente all’uso della maggior parte delle versioni bibliche in altre lingue dello stesso tipo.

Un utile confronto, data l’affinità linguistica con il Piemontese, lo faccio pure in prima istanza con versioni occitane e catalane, e poi francesi ed italiane.

Il Nuovo Testamento

Per quanto riguarda il Nuovo Testamento ho pure fatto accurate ricerche sulle porzioni piemontesi del testo biblico disponibili (soprattutto vangeli), ma soprattutto faccio riferimento alla versione completa del Nuovo Testamento in Piemontese prodotta dalla chiesa valdese nell’Ottocento.

Questa, però, non è più proponibile come tale per diversi motivi. Oltre che ad essere scritta con una grafia francesizzante oggi non più usata, comporta molti italianismi, occitanismi ed una tendenza ad usare il Piemontese allora comune nel Pinerolese!

Non è però priva di valore, perché contiene pure originali e preziose forme piemontesi da conservare. Su quella base, con l’accurata verifica sui testi greci usati dalle versioni critiche moderne del NT e con il confronto con le versioni oggi più diffuse, la traduzione ora è terminata.

Dal punto di vista formale, inoltre, mi avvalgo inoltre della NET Bible, versione inglese che annota ogni possibile problema testuale indicandone le soluzioni.

Da notare che ora tutti i testi biblici finora realizzati sono già disponibili sulla piattaforma pubblica della WikiMedia, testi che l’utente esperto che si registra può emendare correggendo eventuali errori tipografici o grammaticali o suggerendo espressioni migliori in maniera affine alla Wikipedia.

Naturalmente, per evitare abusi, il tutto è sottoposto a regolare controllo.

3) A che punto è il lavoro?

A tutt’oggi (gennaio 2018) il Nuovo Testamento è completo, assieme a circa il 60% dell’Antico Testamento.

Il lavoro è costante e nuove porzioni e eventuali correzioni sono disponibili ogni settimana. È difficile prevedere quando il tutto verrà terminato. Una versione a stampa verrà certamente resa disponibile molto probabilmente a cura di una società biblica.

La nostra traduzione non è però sponsorizzata da alcuna chiesa o organizzazione ecclesiastica e quindi non possiamo avvalerci né di canali ufficiali né di fondi, a meno che una chiesa si offra in futuro di assumersene il carico.

La nostra, però, è da considerarsi un’iniziativa del tutto privata, benché siamo disponibili a chiunque ne accetti i presupposti e voglia collaborarvi.

4) Quale riscontro sta avendo il tuo lavoro?

Un’iniziativa come la nostra oggi appare come del tutto controcorrente e “folle”.

Da una parte vi è una diffusa avversione verso “la religione” e molti pregiudizi verso la Bibbia stessa, che non si conosce e di cui non si vede l’importanza.

Dall’altra vi è la pure diffusa persuasione che “il dialetto” sia qualcosa di superato ed inutile, al massimo rozza espressione di gente incolta. La sola idea di avere poi la Bibbia in Piemontese è considerata generalmente “un’idea balzana” per chi non avrebbe niente di meglio da fare…

Se a tutto questo si aggiunge il disinteresse verso iniziative come queste della maggior parte delle stesse chiese (che dicono di non vederne l’utilità quando tutti i piemontesi “conoscono benissimo l’italiano e di bibbie italiane, per chi vuole, ce ne sono già a sufficienza”), si può bene immaginare come il riscontro alla nostra opera sia piuttosto scarso.

Eppure noi “teston ch’i soma” perseveriamo inamovibili, sicuri di avere ottime ragioni per impegnarci e che la nostra opera porterà frutto a suo tempo. Attraverso i social media la facciamo ampiamente conoscere anche attraverso meditazioni settimanali in Piemontese, sia scritte che filmate. Pian piano diversi giungono ad apprezzarla.

Sarà certamente essenziale, una volta stampata, organizzare diffuse serate di promozione attraverso il Piemonte, indirizzate a far prendere coscienza soprattutto, ma non solo, i ministri delle varie chiese del valore di questa iniziativa.

D’altronde, poi, non siamo i soli ad impegnarci nella traduzione della Bibbia in lingue locali. Infatti esistono iniziative simili anche per quanto riguarda, ad esempio, gli occitani, i catalani, ma anche i friulani, i sardi e i romanci (questi ultimi che possiedono ormai da secoli bibbie nella loro lingua).
5) Hai avuto modo di leggere o confrontarti con altre traduzioni bibliche in piemontese o in altre lingue italiane?

Si, come già ho accennato, il confronto della nostra traduzione biblica con altre vuole essere costante.

Intendiamo muoverci in spirito ecumenico fornendo un prodotto che possa essere ben accolto ed utilizzato da chiese diverse, per quanto fin ora non ne abbiamo ricevuto appoggio alcuno.

Il networking con iniziative similari in altre lingue sarà pure necessario svilupparlo.

6) quale ruolo dai alla traduzione biblica per la salvaguardia del piemontese?

È un dato di fatto che la traduzione della Bibbia in “lingue minori” si sia sempre rivelata provvidenziale per la loro standardizzazione e promozione.

La traduzione di Martin Lutero si è rivelata storicamente essenziale per la nascita ed il consolidamento della stessa lingua tedesca. Il tedesco della Sassonia, dopo la Bibbia di Lutero, è diventato di fatto il tedesco standard che oggi conosciamo; come pure essenziale è stato il ruolo della “Bibbia di Re Giacomo “per il consolidamento e diffusione della lingua inglese.

Senza avere necessariamente queste stesse grandi ambizioni per il Piemontese, ritengo che, in dipendenza alla sua adeguata diffusione, la Bibbia piemontese possa avere un ruolo simile a quello avuto in Sudamerica, in Africa ed in Asia con molte lingue locali che non avevano mai avuto prima di allora grammatiche e dizionari. Cosa che il Piemontese però possiede di già.

7) Puoi citarci in piemontese il passo biblico (o i passi biblici) che preferisci?

C’è davvero l’imbarazzo della scelta perché, come alcuni mi hanno testimoniato, questi testi “parlano al cuore” in modo speciale.

Qualcuno mi ha persino confessato che, dopo aver letto brani della nostra versione della Bibbia, ha compreso come per la prima volta cose che gli erano sempre rimaste oscure nelle versioni italiane!

Potrei magari citare un testo del libro dell’Apocalisse. Lungi dall’essere un libro oscuro e drammatico, essa proietta il futuro luminoso di coloro che Dio redime.

E’ la visione di una folla immensa che loda Dio, una folla non omogenea, ma dove riconoscibili sono le nazioni che la compongono, ciascuna con il suo carattere, la propria cultura, la propria lingua. Fra questa gente certamente pure i piemontesi, fieri della loro identità, quella che Dio stesso pure onora.
“Apress ëd lòn i l’hai vëddù tanta ‘d cola gent che gnun a podìa contela. A j’ero da tute le nassion, tribù, pòpoj e lenghe. A stasìo an pé dëdnans al tròno e dëdnans a l’Agnel, tuti vestì ‘d bianch e a l’avìo ‘d branch ëd palma an man. Tuti a disìo a àuta vos: ‘La salvëssa a ven da Nosgnor, ch’a l’é astà an sël tròno, e da l’Agnel!’. Tuti j’àngej a stasìo dantorn al tròno, a j’ansian e a le quatr esse vivent, e a l’han prostërnasse dëdnans al tròno con la front fin-a a tèra e a rendìo l’adorassion a Nosgnor. A cantavo: ‘Amen! A Nosgnor ch’a vada la benedission, la glòria, la sapiensa, ël rendiment ëd grassie, l’onor, la potensa e la fòrsa pr’ ij sécoj dij sécoj. Amen!’” (Arvelassion 7:9-11).

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